Sol tibi signa dabit

da F. PIAZZI, A. GIORDANO RAMPIONI, Multa per aequora: Letteratura, antologia e autori della lingua latina. Vol. 2, Augusto e la prima età imperiale, Bologna 2004, pp. 43-44; 46.

Eclissi solare, 20 marzo 2015.

 

Virgilio, Georgiche I 463-471.

Dalla parte didascalica dedicata ai fenomeni naturali Virgilio passa al famoso finale dei presagi della morte di Cesare. Sono cupamente presenti i prodigi naturali che preannunciano tristi avvenimenti per i Romani. L’uccisione di Cesare è fatto tragico non solo in sé, ma soprattutto per le sventure che ne conseguono […]

Il passaggio fra la parte didascalica e il finale è fornito dalla convinzione degli antichi che fenomeni come le macchie solari presagiscono catastrofi sulla terra. Solem, l’astro premonitore, in posizione iniziale del secondo emistichio, costituito da un’interrogativa retorica quis audeat (con il verbo in rejet), sarà ripreso insistentemente dall’anaforico ille (vv. 464 e 466). Ed è l’ultima immagine di luce che scompare; seguono elementi di fosca oscurità: caecus tumultus (v. 464), operta bella (v. 465), obscura ferrugine (v. 467), fino alla totale scomparsa della luce, noctem (v. 468), per sempre, aeternam. Contribuiscono a determinare la cupezza del quadro il suono della u presente in questi versi e particolarmente insistente nel v. 467: cum caput obscura nitidum ferrugine texit in un gioco di parallitterazioni certo non casuale; il voluto accostamento obscura/nitidum rende più vivo il contrasto tra luce ed oscurità. Cadenza la premonizione la iunctura del signa dare al v. 471, riprende il sol tibi signa dabit del v. 463.

Tutti gli elementi della natura concorrono ad essa: la terra (tellus), il mare (aequora ponti), e anche gli animali, vivi rappresentanti della terra e del cielo, connotati da aggettivi dal significato magico-religioso, obscenaeque canes importunaeque volucres, personificazione del tristo messaggio soprannaturale, in un verso in cui il polisindeto e il prevalere degli spondei conferiscono solennità al dettato poetico […]

 

Sol tibi signa dabit[1]. Solem quis dicere falsum[2]

audeat? Ille etiam caecos[3] instare tumultus

saepe monet fraudemque et operta tumescere[4] bella;

ille etiam exstincto miseratus Caesare Romam,

cum caput obscura nitidum[5] ferrugine texit

impiaque aeternam timuerunt saecula noctem[6].

Tempore quamquam illo tellus quoque et aequora ponti

obscenaeque canes importunaeque volucres

signa dabant[7].

 

…il sole ti darà segni. Chi oserebbe dir falso

il sole? Spesso esso avverte persino il sopravvenire

del tumulto che rende ciechi, la preparazione di frodi e di guerre nascoste.

Quando Cesare fu assassinato, perfino esso ebbe pietà di Roma,

allorché coprì  di fosca caligine il volto luminoso

e le empie generazioni temettero una notte eterna.

Peraltro, in quell’occasione, davano segni anche la terra

e le distese del mare, le cagne in calore e gli uccelli

funesti.

 

***

Note:

 

[1] Spesso il sole preannuncia tumulti e guerre.

[2] Falsum ha la radice del verbo fallere, «ingannare, trarre in errore», quindi qui «falso» nel senso di «menzognero».

[3] Caecus in senso passivo, ma non è escluso anche il valore attivo «che rende ciechi», naturalmente a causa della passione, in questo caso, politica.

[4] Tumescere è incoativo di tumere ed ha la stessa radice di tumultus; l’immagine su cui Virgilio insiste è quella di un bubbone che si gonfia senza che nessuno se ne accorga (caecus tumultus; operta bella).

[5] L’oscuramento del sole, sottolineato dalla posizione delle parole in modo tale che i due termini contrastanti obscura e nitidum siano accostati, è dovuto al raccapriccio per quanto era accaduto. Così al sole vengono attribuiti sentimenti umani.

[6] Impius è un aggettivo spesso usato da Virgilio con riferimento alla guerra (impius miles; impius Mars); qui si allude alle guerre civili oltre che all’uccisione di Cesare; l’uso di saecula (plur. poetico) fa allusione, per opposizione, ai saecula aurea.

[7] Obscenus è recuperato qui con il significato originario magico-religioso «di cattivo augurio» (da cui deriverà quello nella lingua comune di «sudicio, laido» in senso materiale e morale); vengono così indicati tutti gli elementi della natura: il cielo, attraverso il sole, il mare, la terra, attraverso le obscenaeque canes, e l’aria, attraverso gli importunaeque volucres.

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