Archiloco, l’Epodo di Colonia (P. Köln inv. 7511 = F 196A West²)

I versi contro Neobule, da cui traspare il realismo tagliente e aggressivo della poesia giambica, anche se il metro usato è diverso, sono animati da una spiccata misoginia. L’ammirata e tenera contemplazione dell’innamorato di un tempo, affascinato dalla «pelle delicata come un fiore» e dal «dolce incanto del volto» della sua donna, si trasforma ora nella spietata descrizione della sua decadenza fisica, per culminare in un pungente sarcasmo, di fronte al comportamento di lei, che, ormai sfiorita, continua ad atteggiarsi come se fosse ancora nel pieno della giovanile freschezza.

La sfortunata vicenda amorosa avrebbe avuto un seguito. Nel 1974, trasmesso da un rotolo papiraceo del I-II secolo d.C., Reinhold Merkelbach e Martin West pubblicarono l’editio princeps di un epodo di Archiloco, che è il più lungo frammento a tutt’oggi noto del giambografo (P. Köln inv. 7511 = F 196A West2). Mutilo della parte iniziale, il papiro è lacunoso lungo il margine destro; ma, in virtù dei contributi critici che alla sua esegesi hanno dedicato numerosi studiosi, è possibile ricostruirne, sia pure nelle linee generali, il contenuto: Archiloco racconta, verosimilmente a una cerchia di amici riuniti a simposio, una vicenda erotica di cui sono stati protagonisti egli stesso e una fanciulla che è stata ragionevolmente identificata con la sorella minore di Neobule, la donna un tempo amata dal poeta. La parte superstite propone un disinibito quanto «imbarazzante» dialogo fra l’«io» narrante e la ragazzina: l’imbarazzo, invero, è da addebitare più che altro a Merkelbach, che accusò addirittura Archiloco di essere «ein schwer Psychopath» («uno psicopatico grave»). In realtà, come è stato autorevolmente dimostrato, il testo dell’epodo non giustifica tali sospetti di pedofilia nei confronti del poeta (anche perché l’età sponsale era nella Grecia arcaica molto più bassa degli standard cui si è abituati oggi), per non parlare – come ha segnalato lo specialista di Archiloco, Francesco Bossi (Studi su Archiloco, 1990) – «dell’eventualità che sia tutta un’invenzione letteraria, forse costruita per gettare discredito sul clan rivale».

P. Köln 7511. Archiloco, Epodo di Colonia – fr. 196A, 17 West2
P. Köln inv. 7511. Archiloco, Epodo di Colonia (F 196A West²).
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .

πάμπαν ἀποσχόμενος·

ἶσον δὲ τολμ[… ^ –

εἰ δ᾽ ὦν ἐπείγεαι καί σε θυμὸς ἰθύει,

ἔστιν ἐν ἡμετέρου

ἣ νῦν μέγ᾽ ἱμείρε[ι σέθεν

καλὴ τέρεινα παρθένος· δοκέω δέ μι[ν

εἶδος ἄμωμον ἔχειν·

τὴν δὴ σὺ ποιή[σαι φίλην.»

τοσαῦτ᾽ ἐφώνει· τὴν δ᾽ ἐγὼ ἀνταμει[βόμην·

«Ἀμφιμεδοῦς θύγατερ,

ἐσθλῆς τε καὶ [περίφρονος

γυναικός, ἣν νῦν γῆ κατ᾽ εὐρώεσσ᾽ ἔ[χει,

τ]έρψιές εἰσι θεῆς

πολλαὶ νέοισιν ἀνδ[ράσιν

παρὲξ τὸ θεῖον χρῆμα· τῶν τις ἀρκέσε[ι.

τ]αῦτα δ᾽ ἐφ᾽ ἡσυχίης

εὖτ᾽ ἂν μελανθη[ – ^ –

ἐ]γώ τε καὶ σὺ σὺν θεῶι βουλεύσομεν.

π]είσομαι ὥς με κέλεαι·

πολλὸν μ᾽ ε[ – x – ^ –

θρ]ιγκοῦ δ᾽ ἔνερθε καὶ πυλέων ὑποφ[λύσαι

μ]ή τι μέγαιρε φίλη·

σχήσω γὰρ ἐς ποη[φόρους

κ]ήπους· τὸ δὴ νῦν γνῶθι. Νεοβούλη[ν

ἄ]λλος ἀνὴρ ἐχέτω·

αἰαῖ, πέπειρα, δὶς τόση,

ἄν]θος δ᾽ ἀπερρύηκε παρθενήϊον

κ]αὶ χάρις ἣ πρὶν ἐπῆν·

κόρον γὰρ οὐ κ[ατέσχε πω,

ἥβ]ης δὲ μέτρ᾽ ἔφηνε μαινόλις γυνή.

ἐς] κόρακας ἄπεχε·

μὴ τοῦτ᾽ ἐφοῖτ᾽ ἀν[ – ^ –

ὅ]πως ἐγὼ γυναῖκα τ[ο]ιαύτην ἔχων

γεί]τοσι χάρμ᾽ ἔσομαι·

πολλὸν σὲ βούλο[μαι ^ –

σὺ] μὲν γὰρ οὔτ᾽ ἄπιστος οὔτε διπλόη,

ἡ δ]ὲ μάλ᾽ ὀξυτέρη,

πολλοὺς δὲ ποιεῖτα[ι φίλους·

δέ]δοιχ᾽ ὅπως μὴ τυφλὰ κἀλιτήμερα

σπ]ουδῆι ἐπειγόμενος

τὼς ὥσπερ ἡ κ[ύων τέκω.»

τοσ]αῦτ᾽ ἐφώνεον· παρθένον δ᾽ ἐν ἄνθε[σιν

τηλ]εθάεσσι λαβὼν

ἔκλινα· μαλθακῆι δ[έ μιν

χλαί]νηι καλύψας, αὐχέν᾽ ἀγκάληις ἔχω[ν,

δεί]ματι παυ[σ]αμένην

τὼς ὥστε νεβρ[ὸν – ^ –

μαζ]ῶν τε χερσὶν ἠπίως ἐφηψάμην

ἧι πα]ρέφηνε νέον

ἥβης ἐπήλυσιν χρόα

ἅπαν τ]ε σῶμα καλὸν ἀμφαφώμενος

θερμ]ὸν ἀφῆκα μένος

ξανθῆς ἐπιψαύ[ων τριχός.

Pittore anonimo. Scene erotiche. Pittura vascolare dai frammenti di un vaso potorio a figure rosse, V sec. a.C. Berlin, Altes Museum.
Pittore anonimo. Scene erotiche. Pittura vascolare dai frammenti di un vaso potorio a figure rosse, V sec. a.C. Berlin, Altes Museum.
«. . . . . . . . . . . . . . . . . . .

astenendoti del tutto;

ma ugualmente sopporterai (?)…

Se proprio hai fretta e il desiderio ti urge,

c’è qui da noi

colei che ora molto desidera le nozze,

fanciulla bella e tenera; penso che il suo

aspetto non abbia biasimo:

costei tu falla tua!».

Queste cose mi diceva, e io le rispondevo:

«Figlia di Anfimedò,

nobile e saggia

donna, che ora la putrida terra trattiene,

piaceri della dea sono

molti per i giovani uomini,

oltre a quello divino: uno fra quelli sarà sufficiente.

Ma queste cose, con tranquillità

quando la nera…

io e te insieme alla dea decideremo.

Mi farò convincere come tu mi esorti:

molto…

da sotto il fregio e le porte allontanati,

mia cara, non rifiutarti:

mi dirigerò, infatti, verso gli erbosi

giardini; ma ora sappi questo. Neobule,

se la sposi un altro uomo!

Ahimè, è appassita, ha il doppio dei tuoi anni,

il fiore virginale è svanito,

e con esso il fascino che prima aveva:

sazietà, infatti, non conosce,

ma della giovinezza mostrò il termine, donna folle!

Che vada in malora!

Che non mi capiti,

sposando una donna simile,

di essere oggetto della malizia dei vicini!

Preferisco di molto te!

Tu non sei infida né doppia,

mentre lei è troppo astuta,

e si fa molti amici;

io temo di fare figli ciechi e prematuri,

spinto dalla fretta

così come la cagna».

Queste cose le dicevo; poi, presa la fanciulla,

tra i fiori splendenti

la distesi; con un morbido mantello

la coprii, cingendole il collo con un braccio,

mentre lei pavida

come un cerbiatto…

Con le mani le toccai dolcemente il seno,

proprio là dove mostrava la pelle fresca,

incanto di giovinezza;

E tutto il bel corpo accarezzando,

emisi la bianca potenza,

sfiorando il biondo pelo.

Nei primi cinque versi conservati, la fanciulla, reagendo e alla proposta di matrimonio e alle profferte sessuali che le saranno state avanzate dall’uomo nella parte perduta a inizio del papiro, lo invita ad «astenersi del tutto» (πάμπαν ἀποσχόμενος v. 1) e gli suggerisce, se proprio non può tenere a freno le sue voglie, di «fare sua sposa» (τὴν δὴ σὺ ποιή[σαι φίλην v. 8) Neobule, la «bella e tenera ragazza» (καλὴ τέρεινα παρθένος v. 6), che «ora molto desidera le nozze» (ἣ νῦν μέγ᾽ ἱμείρε[ι σέθεν v. 5). Alla fanciulla Archiloco risponde ai vv. 10-41, affermando che, «al di fuori del rapporto completo», la dea offre ai giovani molte gioie (vv. 13-14); e, dopo averla rassicurata che asseconderà la sua volontà (π]είσομαι ὥς με κέλεαι v. 19), dichiara che si augura che sia un altro uomo a sposare Neobule (vv. 24-25); quindi, contrappone le qualità fisiche e morali delle due sorelle: la maggiore è sin troppo matura e non possiede più il fiore virginale e il fascino di un tempo (vv. 26-28), e, per di più, è «folle» (μαινόλις γυνή v. 30), sicché, se la sposasse, egli diventerebbe lo zimbello dei vicini (vv. 33-34); invece, egli desidera fortemente quella giovane (πολλὸν σὲ βούλο[μαι v. 35), la quale, a differenza di Neobule, non è doppia né infida né scaltra, e non trama inganni (vv. 36-38). Concluso al v. 41 il suo intervento, Archiloco distende la fanciulla tra fiori rigogliosi, ricoprendola con un morbido mantello, e, dopo averla abbracciata, cingendole il collo, mentre lei è paralizzata per la paura come una cerbiatta, le tocca dolcemente il seno e le nudità (vv. 42-51); e, raggiunto l’orgasmo, emette lo sperma (θερμ]ὸν ἀφῆκα μένος v. 52), «toccando il biondo pelo» della ragazza.

Pittore Onesimo. Scena erotica. Kylix attica a figure rosse, 510-500 a.C. ca., da Vulci. British Museum
Pittore Onesimo. Scena erotica. Pittura vascolare da una κύλιξ attica a figure rosse, c. 510-500 a.C. da Vulci. London, British Museum.

Come si può ben constatare, nella poesia archilochea il tema dell’eros è sviluppato con grande varietà di toni; alcuni frammenti rivelano una sensualità molle e delicata e danno vita a immagini femminili gentili e aggraziate, come quella di un’etera dalla lunga chioma che le copre, rigogliosa e profumata, le spalle e la schiena (… ἡ δέ οἱ κόμη / ὤμους κατεσκίαζε καὶ μετάφρενα «… e la chioma ombrava gli omeri e il dorso», F 31 West2); un’altra appare invece adorna di un ramo di mirto e di una rosa (ἔχουσα θαλλὸν μυρσίνης ἐτέρπετο / ῥοδῆς τε καλὸν ἄνθος… «si dilettava a tenere un ramo di mirto e un bel fiore di rosa…», F 30 West2). Si è pensato che in questi frammenti il poeta vagheggiasse la bellezza della sua promessa sposa, Neobule; ma siccome una fonte antica (Sinesio, Elogio della calvizie XI 75) afferma che nel primo di essi Archiloco elogiava le magnifiche chiome di un’etera, è probabile che anche il secondo fosse dedicato a una ragazza di piacere. A sostegno di questa ipotesi si potrebbe ricordare che il mirto e la rosa, piante sacre ad Afrodite, erano emblematiche della sfera sessuale, così come il provocante profumo della mirra: … ἐσμυριχμένας κόμην / καὶ στῆθος, ὡς ἂν καὶ γέρων ἠράσσατο («chiome e seno profumati di mirra, da far impazzire di desiderio anche un vecchio» F 48 West2).

***

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